La chiesa di Torino

Una chiesa accogliente

La Chiesa torinese, arcidiocesi, comprende molta parte della Provincia di Torino.

Storia

Le comunità cristiane dell’attuale Italia nord-occidentale si organizzarono in Chiese (ossia in Diocesi), con a capo un Vescovo, prevalentemente in epoca costantiniana. Soltanto nella seconda metà del secolo IV Torino, la romana Augusta Taurinorum, si presenta come Chiesa organizzata. Quasi certamente primo Vescovo di Torino fu San Massimo. Ad arricchire il volto della Chiesa torinese giunsero, a partire dal secolo XIII, gli Ordini mendicanti: Domenicani, Francescani, Agostiniani, Carmelitani e Servi di Maria, che legarono anche il loro nome alla Facoltà di Teologia dell’Università torinese fondata nel 1404. Dal secolo XIII, a seguito delle persecuzioni cattoliche, i Valdesi si rifugiarono nelle vallate alpine pinerolesi.

La Sindone a Torino

Nel 1563 Torino diviene capitale del Ducato di Savoia e la città assume importanza anche dal punto di vista religioso, in particolare dal 1578, anno in cui viene trasferita da Chambéry a Torino la Sindone: il lenzuolo che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù Cristo. La Torino dei Savoia è inoltre un centro culturale ricco di fermenti. Con la politica grandiosa di Vittorio Amedeo II, al cui nome è legata la Basilica di Superga, Torino acquista prestigio anche a livello europeo.

La Rivoluzione e i Santi sociali

La Rivoluzione francese e la politica di Napoleone I, che nel 1802 annesse il Piemonte alla Francia, sconvolsero le strutture ecclesiastiche e la vita religiosa, senza però sradicarla. L’Ottocento, sotto il profilo ecclesiastico, fu un secolo bifronte: davanti alle ricorrenti soppressioni di ordini religiosi, sorsero numerose nuove Congregazioni (i Salesiani di Don Bosco sono i più noti con le Figlie di Maria Ausiliatrice, ma anche le Suore del Cottolengo, quelle di S. Anna e varie altre Famiglie religiose tuttora operanti); lo scontro tra Chiesa e liberalismo anticlericale non impedì lo sviluppo di quel cattolicesimo sociale che ebbe la sua migliore espressione in San Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842) con la Piccola Casa della Divina Provvidenza, San Giuseppe Cafasso (1811-1860), San Giovanni Bosco (1815-1888) e San Leonardo Murialdo (1828-1900) con la pastorale giovanile. Il Beato Giuseppe Allamano (1851-1926) rilanciò pastoralmente il santuario della Consolata e fondò i Missionari e le Missionarie della Consolata.

La città operaia e il nuovo millennio

Ormai città industriale e operaia, dalla fine dell’Ottocento Torino si sviluppa rapidamente con i quartieri operai: città di Gramsci e Gobetti, ma anche del Beato Pier Giorgio Frassati (1901-1925). Nel secondo dopoguerra le esigenze della ricostruzione e le ondate migratorie dal Sud – Torino, per un periodo, giunge a superare un milione di abitanti – sollevano grandi problemi sociali e pastorali. Nel lunghissimo episcopato dell’Arcivescovo Maurilio Fossati (1930-1965) si trovano risposte a queste emergenze con la costruzione di nuove chiese, la testimonianza di solidarietà durante il secondo conflitto mondiale, l’impegno dei cappellani del lavoro, la promozione della stampa cattolica e dei settimanali diocesani: “Il Nostro Tempo” e “La Voce del Popolo”. La promettente stagione conciliare e post-conciliare è vissuta a Torino sotto la guida dell’Arcivescovo Michele Pellegrino (1965-1977), il cui magistero diede impulso alla pastorale del lavoro e al movimento dei preti operai. Seguirono l’Arcivescovo Anastasio Alberto Ballestrero (1977-1989) e l’Arcivescovo Giovanni Saldarini sotto la cui guida, negli anni 1994-97, l’Arcidiocesi torinese celebra nuovamente, dopo oltre un secolo, un Sinodo diocesano dedicato alla comunicazione della fede. Con l’Arcivescovo Severino Poletto si realizzano le ‘missioni diocesane’ mirate alle varie età e situazioni di vita e nascono le Unità pastorali. Siamo negli anni della grande trasformazione post-industriale della città. La Chiesa torinese, guidata per dieci anni da Mons. Cesare Nosiglia, dal 2022 ha un nuovo pastore mons. Roberto Repole, membro a suo tempo delle Equipe Notre Dame. Di fronte alle mutazioni in corso nel mondo e nella chiesa Repole ha indicato i tre pilastri irrinunciabili per la chiesa torinese del futuro: “L’ascolto della Parola viva di Dio e la formazione; la centralità dell’Eucaristia nel giorno del Signore; la fraternità tra di noi, che si espande su tutti coloro che incontriamo”. Di fronte al forte calo delle presenze sacerdotali si pensa a parrocchie non chiuse in sé stesse, ma aperte a vivere una fraternità concreta sul territorio; parrocchie che dovranno imparare ad integrarsi, con pochi preti di riferimento.